Pratiche operativeProtocollo informatico

La PEC del tuo ente accetta messaggi non certificati?

Pòle la casella PEC rifiutare le e-mail ordinarie?
NO!
S’apre i’ dibattito.

Vengo subito al perché di un no così netto a un problema annoso. Semplicemente ritengo che inibire la ricezione di messaggi non certificati sull’indirizzo istituzionale di un ente pubblico mortifichi il “diritto all’uso delle tecnologie”[1]Principio generale sancito dall’articolo 3 del d.lgs 82/2005 (CAD – Codice dell’Amministrazione Digitale). da parte di cittadini e imprese nei rapporti con l’amministrazione.

Se l’amministrazione decide di accettare comunicazioni relative ad alcuni procedimenti o funzioni istituzionali inviate come messaggi “liberi” sulla casella PEC, non vedo il motivo per escludere in modo automatico e non selettivo comunicazioni non provenienti da caselle PEC.

La validità di istanze e comunicazioni trasmesse telematicamente è disciplinata dagli articoli 38 del TUDA (Testo Unico della Documentazione Amministrativa, dpr 445/2000) e 65 del CAD (Codice dell’amministrazione digitale, d.lgs 82/2005). Nessuna norma o regola tecnica nega validità giuridica a una comunicazione o istanza solo perché inviata da una casella non certificata o perché inviata da casella non certificata a casella certificata[2]L’art. 45 del CAD stabilisce che “qualsiasi mezzo telematico o informatico, idoneo ad accertarne la provenienza” soddisfa il requisito della forma scritta del documento. Per … Continue reading. Anzi, l’articolo 48 del CAD cita espressamente l’obbligo di usare la PEC solo per “comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna”. La PEC quindi è al più un requisito necessario ad probationem ma non ad substantiam (tranne dove la prova di invio e consegna o la notifica formale non siano previsti come elementi essenziali per l’esistenza dell’atto).

Non esiste nemmeno un problema tecnico-informatico: la casella PEC in definitiva è una casella e-mail con qualche accorgimento ulteriore e gli stessi gestori PEC consentono al titolare della casella di decidere come trattare i messaggi non certificati e prevedono le opzioni di riceverli sulla casella certificata stessa (con annotazione evidente che si tratta di un messaggio non certificato), di dirottarli su una casella e-mail non certificata a scelta del titolare o di rifiutarli categoricamente.

Una volta che il cittadino[3]Ci soffermiamo sul cittadino perché l’impresa è tenuta ad avere una casella PEC e quindi può usare quella anche per comunicazione con poche rigidità formali. abbia individuato l’indirizzo dell’amministrazione sull’Indice della pubbliche amministrazioni (IPA, https://indicepa.gov.it)[4]Anche se poi di di fatto lo recupera dal sito internet dell’ente., ha indirizzato bene la sua comunicazione. Se usa la PEC ha senz’altro il vantaggio della certezza di invio e ricezione data dal sistema PEC. Tuttavia gli uffici protocollo più attenti inviano (con meccanismi automatizzati) la ricevuta di protocollo. A ben vedere, tale ricevuta ha ancora più importanza e valore della ricevuta di consegna della PEC: altro problema annoso, ma la ricevuta di consegna del gestore PEC ci dice che quel messaggio certificato è arrivato sulla casella dell’amministrazione destinataria ma non garantisce in alcun modo che il messaggio sia stato preso in carico e registrato. Potrebbe invece darsi il caso che quel messaggio sia stato addirittura scartato o cestinato ancora prima di essere registrato, magari perché i file veicolati dal messaggio sono in un formato che l’amministrazione non accetta[5]Come da manuale di gestione reso pubblico sul sito dell’amministrazione con magari una paginetta stringata con le regolette chiare per comunicare con l’amministrazione per non ammorbare … Continue reading, oppure perché contengono virus o sono potenzialmente pericolosi (presenza di macro) oppure ancora perché il contenuto è del tutto irricevibile per manifesta mancanza di competenza.

Il problema con i messaggi non certificati si verifica quando l’amministrazione deve “rispondere”, visto che la pubblica amministrazione deve anche sincerarsi di inviare bene. Tutto dipende ovviamente dalla natura delle comunicazioni – una richiesta di informazioni sull’apertura degli uffici è diversa da una messa in mora – ma perché la comunicazione telematica di una amministrazione sia pienamente valida e opponibile a terzi (ma anche al destinatario stesso) questa deve essere indirizzata al domicilio digitale del destinatario, che, per definizione di legge, è un indirizzo di posta elettronica certificata[6]O di un servizio di recapito certificato qualificato, che tanto ancora non esiste.. In attesa che anche per i cittadini e le persone non giuridiche si istituisca un registro pubblico di domicili digitali[7]Un tale registro è teorizzato, si chiama INAD, ha un gestore individuato ed è alla base della piattaforma nazionale per le notifiche digitali attualmente in sviluppo e che fa molto tendenza, almeno … Continue reading, l’elezione di domicilio digitale da parte del cittadino è sempre speciale, cioè relativa a un singolo affare o ai rapporti con una singola amministrazione. In effetti, quando qualcuno presenta un’istanza tramite un indirizzo PEC e non ha un domicilio digitale iscritto (in un elenco/registro), la trasmissione via PEC costituisce automaticamente elezione di domicilio digitale speciale[8]D.lgs 82/2005, art. 65, c. 1, lett. c-bis).. Lo stesso non vale se l’indirizzo e-mail non è certificato: intanto perché, in punto di diritto, come chiarito dalle definizioni che aprono il CAD[9]IL CAD (d.lgs 82/2005) definisce all’art. 1, c.1, lett. n-ter) il solo domicilio digitale come indirizzo di posta elettronica certificata. All’art. 3-bis, comma 4-quinquies specifica la … Continue reading e, con maggiore chiarezza, dal Regolamento della piattaforma per la notificazione degli atti della pubblica amministrazione, il domicilio digitale speciale deve essere un indirizzo certificato[10]Decreto del Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale 8 febbraio 2022, n. 58, art. 1, c. 1, lett. h). e quindi, anche volendo, non si può considerare l’indirizzo da cui proviene l’e-mail non certificata come domicilio digitale speciale. Inoltre, pragmaticamente, per certi procedimenti la prova di invio e ricezione è fondamentale, sia per l’efficacia della comunicazione sia per la decorrenza dei termini.

Queste considerazioni comunque non possono portare a rifiutare a prescindere comunicazione e-mail ordinarie sulla casella PEC della pubblica amministrazione. Piuttosto, l’avvio di un procedimento da una casella non certificata può variare il processo innescato e farlo virare su comunicazioni analogiche come se l’istanza fosse stata inviata per raccomandato o presentata allo sportello, fino anche a interrompere il procedimento e invitare a avviarlo in altre forme. Lo scarto automatico del messaggio, invece, oltre che suonare poco educato e inclusivo appare eccessivo anche da un punto di vista giuridico-amministrativo.

Alcune amministrazioni risolvono il problema mettendo a disposizione una casella istituzionale ordinaria. Compromesso accettabile a patto che:

  • della casella e del suo uso sia data ampia notizia sul sito dell’ente e sull’Indice delle pubbliche amministrazioni;
  • sulla casella PEC sia impostato il reindirizzamento sula casella non certificata e non il rifiuto a prescindere;
  • entrambe le caselle siano collegato al software di protocollo informatico.

Tutto sommato, però, l’intervento di un soggetto autorevole (il gestore PEC accreditato AgID) anche nei messaggi non certificati potrebbe avere dei vantaggi.

E il tuo ente accetta messaggi non certificati sulla PEC? Perché?
Parliamone nei commenti qui sotto o nel forum.

Immagine di benzoix su Freepik

Note

Note
1 Principio generale sancito dall’articolo 3 del d.lgs 82/2005 (CAD – Codice dell’Amministrazione Digitale).
2 L’art. 45 del CAD stabilisce che “qualsiasi mezzo telematico o informatico, idoneo ad accertarne la provenienza” soddisfa il requisito della forma scritta del documento. Per “provenienza” si intende, di fatto, l’autore del documento e questa può essere accertata anche in caso di uso di e-mail non certificata.
3 Ci soffermiamo sul cittadino perché l’impresa è tenuta ad avere una casella PEC e quindi può usare quella anche per comunicazione con poche rigidità formali.
4 Anche se poi di di fatto lo recupera dal sito internet dell’ente.
5 Come da manuale di gestione reso pubblico sul sito dell’amministrazione con magari una paginetta stringata con le regolette chiare per comunicare con l’amministrazione per non ammorbare il cittadino con la lettura di procedure che attengono per lo più l’organizzazione interna.
6 O di un servizio di recapito certificato qualificato, che tanto ancora non esiste.
7 Un tale registro è teorizzato, si chiama INAD, ha un gestore individuato ed è alla base della piattaforma nazionale per le notifiche digitali attualmente in sviluppo e che fa molto tendenza, almeno fra gli addetti ai lavori e i fanatici.
8 D.lgs 82/2005, art. 65, c. 1, lett. c-bis).
9 IL CAD (d.lgs 82/2005) definisce all’art. 1, c.1, lett. n-ter) il solo domicilio digitale come indirizzo di posta elettronica certificata. All’art. 3-bis, comma 4-quinquies specifica la possibilità di eleggerne uno speciale per determinati atti.
10 Decreto del Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale 8 febbraio 2022, n. 58, art. 1, c. 1, lett. h).
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