Gestione documentale e qualità: dove ci siamo arenati?
Non è mistero che, per me – e dovrebbe essere chiaro –, la bussola della trasformazione digitale è la gestione documentale e, di conseguenza, il cuore del back-office della pubblica amministrazione che si trasforma è il sistema di gestione documentale.
Riporto, parzialmente rielaborato, un passaggio del mio intervento all’OPENSIPADAY, tenutosi a Bologna lo scorso 12 giugno 2023.
Facciamo un passo indietro nel tempo.
Andiamo nel 2000, fine dicembre, il 28: “Goodnight moon” di Shivaree è prima nella hit parade in Italia, le Destiny’s child in America.
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Il mondo normale si interroga su “che si fa per l’ultimo dell’anno?”, ma non lo fa tramite chat su smartphone perché all’epoca stavano ancora nascendo.
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Il legislatore, invece, se ne esce con il dpr 445 che noi tutti conosciamo bene perché, oltre a essere un altro di quei testi che chiunque percepisca uno stipendio da un ente pubblico dovrebbe conoscere, è sempre citato in cima a tutti i moduli che compiliamo a ricordarci che se dichiariamo cose “a vanvera” andiamo incontro alle peggiori disgrazie. Il TUDA (Testo Unico sulla Documentazione Amministrativa) è importante, intanto, perché obbligava da lì a tre anni a passare al protocollo informatico ma, soprattutto, ne teorizzava, a medio-lungo termine, evoluzioni precise – che poi servono anche per dare concretezza, tramite verifiche documentali snelle fra amministrazioni, alle minacce di disgrazie di cui sopra. Eccone un brano:
Art. 65 (R) - Requisiti del sistema per la gestione dei flussi documentali 1. Oltre a possedere i requisiti indicati all'articolo 52, il sistema per la gestione dei flussi documentali deve: a) fornire informazioni sul legame esistente tra ciascun documento registrato, il fascicolo ed il singolo procedimento cui esso è associato; b) consentire il rapido reperimento delle informazioni riguardanti i fascicoli, il procedimento ed il relativo responsabile, nonché la gestione delle fasi del procedimento; c) fornire informazioni statistiche sull’attività dell'ufficio; d) consentire lo scambio di informazioni con sistemi per la gestione dei flussi documentali di altre amministrazioni al fine di determinare lo stato e l'iter dei procedimenti complessi.
Poi il CAD ha ripreso gli stessi requisiti e gli stessi obiettivi (vedi, per esempio, l’articolo 41), ma in realtà sono lì da più di vent’anni. Dove ci siamo arenati?
Evidentemente è mancata qualità ai prodotti se adesso non siamo in grado di fascicolare e condividere con altre amministrazioni i fascicoli informatici tramite il sistema di gestione documentale, di farvi accedere l’interessato e di informarlo sullo stato di avanzamento del procedimento. E’ mancato qualcosa se oggi i colleghi ammattiscono (o forse no, ma si sentono giustamente appagati quando ce la fanno, anche se il loro lavoro sarebbe altro) per indire una conferenza di servizi asincrona o anche solo per mandare un file di qualche megabyte…
Se avessimo perseguito un po’ di qualità – e la strada era ben tracciata e definita – adesso buona parte delle cose che ci crucciano, dalla partecipazione del cittadino al procedimento alla condivisone con altri soggetti, sarebbero risolte senza doversi inventare continui stratagemmi, costosi e mai risolutivi. Tanto più che adesso avremmo anche un completo schema di metadati per documenti e per fascicoli (quelli dell’allegato 5 alle Linee guida sul documento informatico), che rendono tecnicamente possibile (senza grandi alchimie) raggiungere questi obiettivi, proprio a partire dal sistema di gestione documentale, cioè dall’archivio, e non da soluzioni ad hoc, parziali e pericolose per l’organicità dell’archivio stesso[1]Mi è capitato già di dirlo ma lo ripeto perché fa bene ricordarlo. L’archivio non è la stanza dei balocchi dell’archivista, ma, in un ente pubblico, è il fondamento, la traccia e il … Continue reading.
Ma adesso c’è il PNRR?
Gli avvisi del PNRR, dimentichi del backoffice in genere, inteso sia come valore giuridico-amministrativo di ciò che si produce, sia come efficienza del lavoro, non sembrano intenzionati a rimetterci su quella carreggiata. Ma finché non si cambia l’assetto normativo la strada da seguire è quella, avvisi o non avvisi, asseverazioni o non asseverazioni. Serve appunto la capacità di sapere leggere le norme e mettere insieme i pezzi. Anche se – perbacco! – quando l’avviso 1.4.1 parla di servizi online, che si produce un documento da gestire a norma lo vogliamo dire?! Si dà per scontato?
Fra l’altro, anche le linee guida su siti e servizi online delle pubbliche amministrazioni ribadiscono, dal punto di vista implementativo, quanto già richiesto da TUDA e CAD e inserito nella legge 241 sul procedimento amministrativo: deve esserci un’area riservata per il cittadino in cui questi vede i propri documenti (nativi digitali, si intende) e lo stato di avanzamento delle pratiche che lo riguardano, insieme al fascicolo. Con il sistema di gestione documentale che ci è stato chiesto di allestire poco prima di Capodanno 2001, farlo sarebbe un attimo (vedi, per esempio, qui).
Foto di Kota Solo, Indonesia da Pixabay
Note
↑1 | Mi è capitato già di dirlo ma lo ripeto perché fa bene ricordarlo. L’archivio non è la stanza dei balocchi dell’archivista, ma, in un ente pubblico, è il fondamento, la traccia e il presupposto dell’azione amministrativa. In un ente pubblico tenere l’archivio per bene, unico, ordinato e ben descritto, non è un piacere che si fa a un invasato maniaco del controllo (l’archivista), ma è l’unico modo che ha l’amministrazione per indirizzare e dare conto delle decisioni che prende, per fissarle e tenerne memoria, per garantire diritti di cittadini e imprese, è il prerequisito essenziale per le parole che riempiono a mo’ di filastrocca i passaggi normativi: efficienza, trasparenza, imparzialità, accountability… Per un soggetto privato, mutatis mutandis, è lo stesso. |
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